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E se eleggessero UNA Presidente?

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Le candidate a Presidente della Repubblica dal 1978 al 2015

Nonostante l’art.51 della Costituzione italiana preveda che “Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, la carica di Presidente della Repubblica, la più alta nel nostro ordinamento, è stata, nei suoi oltre 70 anni di storia, di esclusiva pertinenza maschile: i 12 presidenti finora eletti sono infatti tutti uomini. 

Solo alla settima elezione della Presidenza, nel 1978, viene contemplata la possibilità di una donna al Quirinale: mai nessuna prima di Camilla Cederna, storica giornalista dell’Espresso, aveva infatti ricevuto alcun voto negli scrutini. Le elezioni successive vedono poche candidate, sistematicamente sottoposte a un doppio standard rispetto ai loro colleghi uomini. Nonostante la caratura, non venivano realmente prese in considerazione per il ruolo, come dimostrano le percentuali irrisorie o addirittura le risate di scherno ricevute dall’emiciclo.
Le candidate illustri che si qualificano ad eccezione possono contarsi sulle dita di una mano:
tra tutte Nilde Iotti, prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera, nonché prima e unica donna ad aver ricevuto un mandato esplorativo come presidente del Consiglio. Nel 1992, da candidata di bandiera del centrosinistra, ottenne un massimo di 256 voti, insufficienti a raggiungere il quorum poi ottenuto da Oscar Luigi Scalfaro.
O ancora, Emma Bonino, storica leader dei radicali e figura importante a livello europeo e nazionale, che tra il 1999 e il 2015 fu più volte oggetto di campagne che la vedevano in corsa per la carica di Presidente. Tra gli altri nomi eminenti che hanno scavalcato il muro della semplice manciata di voti possiamo citare Tina Anselmi, ex partigiana e prima donna a ricoprire l’incarico di ministro, che ottenne 19 voti nel 1992, oppure la drammaturga Franca Rame, la giornalista ed eurodeputata Luciana Castellina, l’ex sindaca di Napoli Rosa Russo Iervolino, e l'ex prefetto e ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri, che al quarto scrutinio nel 2013 riuscì a racimolare 78 preferenze. 

Cosa ci aspetta nel 2022?

Nelle rose di nomi, tra i vari Draghi e Berlusconi che compaiono sistematicamente nei media nazionali, le candidate al ruolo sono poche e messe in disparte.
Quelle che sembrano avere più chance al ruolo, le più menzionate nel toto nomi, sono essenzialmente due:
- Marta Cartabia, giurista e costituzionalista di spicco, prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Corte Costituzionale e attuale ministra della Giustizia, una figura tecnica e non direttamente partitica.
- Maria Elisabetta Alberti Casellati, avvocata, senatrice di Forza Italia e attuale Presidente del Senato, prima donna a ricoprire tale incarico.
In disparte Anna Finocchiaro, ex senatrice e più volte ministra, candidatasi ripetutamente al ruolo nelle votazioni precedenti, considerata dal PD come un nome spendibile nei primi scrutini.
Un altro gruppo di nomi comprende l’ex ministra Rosy Bindi, che già ricevette una manciata di voti nel 2013 e 2015, l’ex Sindaca di Milano Letizia Moratti, la già citata Emma Bonino e la Senatrice a vita Liliana Segre. Tutte le sopracitate hanno espresso, per vari motivi (legati allo stato di salute, all’età avanzata, alla priorità verso altri impegni) il loro rifiuto alla candidatura. Sembrano dunque più nomi illustri “auspicabili” da alcune fazioni politiche o sociali ma senza reali possibilità di accedere alla posizione. 

Perché unA presidente? Non per spuntare una casella

Sicuramente, l’auspicio dell’elezione di una Presidente ci permetterebbe di raggiungere una maggiore rappresentanza delle donne nelle posizioni apicali e di dare finalmente effettività all’articolo 51 della nostra Costituzione, riconoscendo pari opportunità a uomini e donne di ricoprire la più alta carica dello Stato italiano. Quindi si vuole una Presidente perché convinte della presenza di candidate meritevoli, per capacità e operato, di ricoprire questo ruolo. Non è più accettabile l’utilizzo di un doppio standard che richiede ai candidati un numero finito di competenze e che investe, invece, le candidate di aspettative salvifiche.

La pericolosa sovrapposizione tra genere, pari opportunità e donne

A tal proposito, è bene fare attenzione a non dare per scontata la sovrapposizione tra genere, pari opportunità e donne, ovvero essere donna non implica automaticamente l’adozione di una prospettiva di genere nell’esercizio del proprio incarico. A sua volta, il termine “politiche di genere” non è sinonimo di politiche per le/delle donne, ma indica politiche che hanno lo scopo di produrre benefici per l’intera popolazione. Sovrapponendo questi significati si finisce inevitabilmente per deresponsabilizzare gli uomini, ai quali non viene imputata la colpa per la mancata attuazione di politiche volte al raggiungimento di un’effettiva parità e al contrasto di ogni forma di discriminazione.

Ritornando alla domanda iniziale, rispondiamo quindi che sarebbe opportuna l’elezione di unA Presidente: da un lato, per mandare un messaggio forte alle generazioni più giovani di ragazze affinché non vedano il proprio genere come un limite nel raggiungimento dei propri obiettivi; tra le tante donne autorevoli nel nostro Paese potrebbero esservi figurare particolarmente qualificate e idonee a ricoprire una simile carica e a rappresentare l’Italia al pari dei candidati di sesso maschile.

Come Centro antiviolenza vorremmo una figura che nella sua storia ha lottato e continua a lottare per i diritti delle donne e per la libertà di scelta. Vorremmo una figura che sta dalla parte delle donne e che si impegni nel settennio di incarico a migliorare  la situazione delle donne nel nostro Paese, che abbia a cuore e si preoccupi prioritariamente delle persone marginalizzate, di quelle che subiscono discriminazioni e violenze tanto negli ambienti pubblici quanto nel privato. Vorremmo che tra gli obiettivi ci sia l’impegno al superamento delle barriere che ancora oggi non permettono alle donne, e alle persone LGBTQIA e chi proviene da un altro Paese di poter godere dei diritti civili, politici, sociali ed economici garantiti dalla nostra Costituzione.