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Medicina di genere

Yentl è una ragazza che, nel 1904 in un villaggio ebraico, si traveste da uomo per poter andare a scuola. Prendendo spunto da questa storia, Bernardine Healy, nel 1991, scrisse un articolo intitolato “The Yentl Syndrome”, affermando che “storicamente, essere come un uomo è stato un prezzo che le donne hanno dovuto pagare per l’uguaglianza1”. Nel testo Healy paragona la situazione di Yentl, che ha dovuto travestirsi da uomo per poter studiare, a quella delle pazienti donne, che dovevano dimostrare di avere una patologia maschile per poter essere trattate e curate2: ogni giorno constatava come nel reparto di cardiologia da lei diretto le donne fossero meno ospedalizzate e sottoposte a indagini diagnostiche rispetto agli uomini. Questa situazione origina appunto dalla Sindrome di Yentl, secondo la quale i dolori femminili vengono spesso e volentieri minimizzati, considerati un’esagerazione, causando quindi una disparità di trattamento a livello sanitario.
Bernardine Healy è la prima medica a far presente come fino a quel momento la medicina fosse stata caratterizzata da un approccio discriminatorio nei confronti delle donne, se paragonato a quello ricevuto dagli uomini, portando come esempio una malattia cardiovascolare. Da quel momento, lentamente, la medicina di genere inizia a farsi strada nel mondo: 4 anni dopo, durante la IV Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino del 1995, viene evidenziato come fosse necessario inserire una prospettiva di genere in ogni scelta, dunque anche in materia di salute e medicina. 

 

La medicina di genere viene definita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come “lo studio dell’influenza delle differenze biologiche, indicate con il termine sesso, e socio-culturali ed economiche, definite come genere sulla frequenza, sullo stato di salute e di malattia di ogni persona”. Le differenze tra uomini e donne in termini di salute, dunque, non possono essere unicamente legate alla caratterizzazione biologica o alla funzione riproduttiva (fino a poco tempo fa la salute femminile era unicamente collegata alla funzione riproduttiva), ma anche a fattori strettamente legati al genere, che possono quindi essere fattori ambientali, sociali, culturali e relazionali. Importanti differenze tra uomini e donne possono essere infatti ritrovate nei sintomi, nelle prognosi, nell’incidenza e nella risposta ai trattamenti per determinate malattie. 

La medicina di genere non deve essere considerata come “la medicina delle donne”, non ha l’obiettivo di discriminare gli uomini, mira semplicemente ad adottare una prospettiva di genere anche in ambito medico, che significa dare la possibilità a ogni individuo di ricevere un trattamento personalizzato (quindi genere-specifico) e la cura migliore. Il genere è diventato un fattore fondamentale in medicina, un fattore di cui fino allo scorso secolo si ignorava completamente l’importanza. 

 

Nei trials medici di sperimentazione di farmaci e terapie, 8 persone su 10 sono uomini, solo la metà degli studi clinici considera le peculiarità di genere e, di conseguenza, solo uno su tre riporta dati adeguati3.
Questi dati indicano come in fase di sperimentazione di nuovi farmaci, un’inadeguata rappresentazione femminile può esporre le donne a rischi non emersi prima, nel momento in cui prendono un farmaco. Uomini e donne differiscono in peso, ormoni e composizione corporea: quali potrebbero essere gli effetti di un farmaco studiato principalmente sugli uomini? Quanto potrebbe risultare tossico per una donna?

Secondo la Fondazione Veronesi4, oltre ai farmaci, sono molteplici gli ambiti in cui uomini e donne differiscono e in cui l’assenza di una ricerca bilanciata può causare un notevole aumento dei rischi sia per l’uno che per l’altro:

  • Malattie cardiovascolari;
  • Malattie dell’osso;
  • Malattie autoimmuni;
  • Vaccini;
  • Oncologia.   

Se da un lato si ritiene che le malattie cardiovascolari colpiscano in maggioranza gli uomini, dall’altro le patologie delle ossa sono considerate prettamente femminili. In entrambi i casi, vi è un approccio discriminatorio prima nei confronti delle donne e poi nei confronti degli uomini. Nelle malattie cardiovascolari per esempio le donne possono presentare dei sintomi differenti rispetto gli uomini che, in un contesto di ricerca fortemente sbilanciato verso il genere maschile, può portare a un’assenza di diagnosi precoce per le donne. Al contrario, molti farmaci per le malattie dell’osso (come l’osteoporosi) non sono prescrivibili agli uomini, dal momento che, essendo ritenute malattie tipicamente femminili, i farmaci sono studiati e testati principalmente sulle donne.  

Da ciò si evince come l’assenza di una forte conoscenza e studio delle implicazioni del genere in ambito medico abbia portato a una serie di approcci discriminatori che non fanno altro che aumentare i rischi di patologie serie, e mortalità addirittura, sia nelle donne sia negli uomini.   

 

In Italia, nel 2017, l’Istituto Superiore di Sanità ha creato il Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere e, finalmente, nel 2018 il concetto di medicina di genere è stato inserito nel Servizio Sanitario Nazionale (Legge n.3). La legge 3 del 2018 predispone “un piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale”. L’importanza di questa legge risiede nel fatto che, per la prima volta in Europa, viene garantito l’inserimento del genere in tutti gli ambiti medici, dunque sperimentazione di farmaci, diagnosi, ricerca, formazione, cura. La legge 3/2018, inoltre, prevede l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla medicina di genere (formalmente avvenuta nel 2020), con il compito di monitorare lo stato delle attività del Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale (2019), a dimostrazione del fatto che la volontà e l’intenzione di includere pienamente il genere in ambito medico in Italia c’è. Ed è proprio questo piano ad elencare una serie di principi con l’obiettivo di diffondere maggiormente la medicina di genere in Italia e garantirne la qualità5:

  • previsione di un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane che tenga conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire l'appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura;
  • promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere;
  • promozione e sostegno dell'insegnamento della Medicina di Genere, garantendo adeguati livelli di formazione e di aggiornamento di tutto il personale medico e sanitario;
  • promozione e sostegno dell'informazione pubblica sulla salute e sulla gestione delle malattie, in un'ottica di differenza di genere.

In Italia, inoltre, Alessadra Carè, direttrice del Centro di riferimento per la medicina di genere presso l’Istituto Superiore di Sanità, nel 2020 ha evidenziato come la pandemia COVID-19 abbia dato un'ulteriore spinta alla medicina di genere in Italia. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità sottolineano ancora una volta quanto il genere possa fare la differenza: il COVID colpisce maggiormente le donne, ma la letalità è maggiore per gli uomini6

Ovviamente la strada è ancora lunga e probabilmente tortuosa, considerando che è necessario eliminare una ben radicata concezione androcentrica della medicina, ma bisogna continuare a lavorare affinché le differenze di genere vengano considerate sempre di più nella medicina, che deve diventare una medicina inclusiva, di tutti/e e per tutti/e. Una medicina inclusiva non può far altro che migliorare il trattamento dei pazienti  e delle pazienti e la loro sicurezza, ricordando che proprio oggi, 17 settembre, è la giornata mondiale della sicurezza dei/delle pazienti.

 

1 Haley Bernardine, The Yentl Syndrome, The New England Journal of Medicine, 1991, https://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJM199107253250408?articleTools=true  

2 https://www.cardiocentro.org/wp-content/uploads/2020/09/G-ITAL-CARDIOL-2020.pdf 

3 https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/da-non-perdere/sperimentazione-e-medicina-di-genere-nei-trial-8-su-10-sono-uomini

4 https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/da-non-perdere/sperimentazione-e-medicina-di-genere-nei-trial-8-su-10-sono-uomini 

5 https://www.iss.it/documents/20126/0/Piano+per+l%27Applicazione+e+la+Diffusione+della+Medicina+di+Genere.pdf/e1ba0b74-ba43-3c2c-a9db-b6cdfa9b2e41?t=1582024873684

6 https://careonline.it/wp-content/uploads/2020/12/Care_Care_6_2020.pdf