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Settimana della consapevolezza sull'aborto sicuro

IVG1

28 settembre - Giornata internazionale per l'aborto sicuro

Secondo l’OMS*, il 29% di tutte le gravidanze e il 61% delle gravidanze indesiderate vengono interrotte volontariamente.

1 aborto su 3 viene eseguito in condizioni di sicurezza minima, se non di pericolo.

Un recente studio** dimostra che nei Paesi in cui sono in vigore restrizioni all’accesso all’IVG la percentuale di gravidanze indesiderate che terminano con l’aborto è aumentata nel tempo e la quota di gravidanze indesiderate è maggiore rispetto agli Stati in cui l’aborto è liberalizzato.

Il tasso di gravidanza indesiderata più alto riguarda i Paesi a basso reddito con legislazioni che vietano l’aborto (101 ogni 1.000 donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni).

Limitare l’accesso al diritto alla salute sessuale e riproduttiva non riduce le gravidanze indesiderate, ma crea e amplifica le disuguaglianze sociali. 

A ben guardare, sono i Paesi ad alto reddito in cui l’aborto è ampiamente legale che registrano la più bassa percentuale di gravidanze indesiderate che terminano con l’aborto (38% nel periodo 2015-2019) e il più basso tasso di gravidanza indesiderata (30 ogni 1.000 donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni).

Vietare l’aborto non impedisce le interruzioni volontarie di gravidanza, bensì costringe donne,  persone T e non-binary a mettere a rischio la propria vita per non perdere la libertà di decidere sui propri corpi.

A questo tema, dedicheremo una settimana in cui attraverseremo i 5 continenti per osservare il diritto all’interruzione di gravidanza nel mondo di oggi.

La campagna terminerà il 28 settembre, in cui ricorre la Giornata internazionale per l’aborto sicuro, con l’attenzione rivolta all’Italia.

* https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/preventing-unsafe-abortion

** https://www.thelancet.com/journals/langlo/article/PIIS2214-109X(20)30315-6/fulltext#sec1

Europa

Europa IVG

Nel continente europeo l’aborto può dirsi formalmente legale quasi ovunque, sebbene con delle differenze riguardanti le restrizioni per le quali è permesso, soprattutto oltre i primi tre mesi e, in particolare, nei paesi cattolici.

Nonostante ci siano stati molti progressi, discriminazioni e diseguaglianze continuano a costituire degli ostacoli. Infatti, diversi Stati non garantiscono l’accesso alle cure durante la gravidanza alle donne migranti senza documenti e persiste la discriminazione nei confronti delle coppie lesbiche e delle madri single.

Su 50 Stati parte del continente, solo in 35 è possibile scegliere di sottoporsi ad un’interruzione di gravidanza senza dover fornire alcuna giustificazione. I Paesi in cui l’aborto è ancora illegale, salvo circostanze straordinarie, sono: Andorra, Città del Vaticano, Malta e San Marino. Tuttavia, altre nazioni prevedono delle restrizioni che rendono quasi impossibile l’accesso ad un aborto sicuro, tra cui Liechtenstein, Monaco, Nord Irlanda e Polonia.

Cos’e successo negli ultimi anni?

Nel 2018 il Belgio ha approvato una legge che decriminalizza l’aborto. Quest’ultimo è stato rimosso dal Codice Penale e ricontestualizzato nell’ottica delle politiche relative alla salute pubblica.

Prima di questa riforma, in Belgio era possibile interrompere legalmente una gravidanza dal 1990, solo in situazioni particolari ed entro le 12 settimane, salvo pericolo di vita per la donna o problemi di salute per il feto.

Nel 2020 il Parlamento slovacco ha respinto una proposta di legge che avrebbe gravemente danneggiato i diritti riproduttivi delle donne, imponendo loro di soddisfare requisiti pericolosi e medicalmente inutili al fine di accedere all’aborto. 

In questo mese è stata però discussa un’ulteriore proposta, altrettanto limitante, che tenta di restringere l’accesso all’aborto attraverso criteri legati alle tempistiche, ad aspetti medici e personali, e con azioni mediatiche di contrasto alla diffusione di informazioni sul tema. Ad ottobre è attesa la seconda discussione del testo.

Nonostante compatte e diffuse manifestazioni, a gennaio 2021 in Polonia è entrata in vigore una norma che vieta l’aborto anche in caso di malformazione del feto. Secondo le statistiche, quasi la totalità degli aborti effettuati nello Stato era dovuta proprio a questa ragione.

A questo punto, l’interruzione di gravidanza in Polonia è sostanzialmente vietata, salvo in caso di stupro, incesto o rischi per la salute della donna.

A maggio 2021 è stato presentato al Parlamento di Malta un disegno di legge volto a decriminalizzare l’aborto, tuttora punito con fino a quattro di carcere.

Per ora, l’opposizione ha bloccato ogni sviluppo a riguardo e Malta rimane l’unica nazione dell’Unione Europea che vieta le interruzioni di gravidanza in ogni circostanza e nega la libertà di scelta e di accesso all’aborto in modo sicuro.

A giugno 2021 il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione che riconosce l’accesso all’aborto sicuro come un diritto umano.

Il documento afferma che ogni interferenza con l’accesso alla contraccezione, il settore della fertilità, la maternità e l’aborto, costituisce una violazione dei diritti umani. Gli Stati europei sono stati chiamati a condannare ogni tentativo di limitare l’accesso a questi servizi, in particolar modo a fronte degli sviluppi in Polonia e Malta. 

Il 26 settembre a San Marino è previsto un referendum per depenalizzare l’aborto, al momento considerato reato anche in caso di stupro, malformazioni del feto e pericolo di vita per la donna e punito con fino a sei anni di carcere.

Il referendum, ottenuto grazie alla mobilitazione delle femministe dell’Unione donne sammarinesi, propone di rendere legale l’interruzione di gravidanza entro le 12 settimane e anche nel periodo successivo in caso di malformazioni del feto che possono mettere a rischio la salute fisica o psicologica della donna o di pericolo di vita quest’ultima.

I recenti sviluppi nel continente europeo e i ricorrenti attacchi contro la salute sessuale e riproduttiva confermano la necessità di continuare a lottare per difendere la libertà di scelta delle donne, delle persone trans e non-binarie, e il loro diritto ad accedere ad un aborto sicuro.

Fonti: Abortion Clinics in Europe, Center for Reproductive Rights, Council of Europe, European Parliament, Global Abortion Policies Database, Il Post

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Asia

IG SETTIMANA IVG

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli aborti non sicuri costituiscono la quinta causa di mortalità materna nel mondo e, al momento, l’unica che è possibile prevenire concretamente. Più del 60% delle gravidanze indesiderate termina con un aborto indotto. Tra questi, 1 su 3 viene eseguito in condizioni di sicurezza minima, se non di pericolo.

Più della metà delle interruzioni di gravidanza stimate a livello mondiale avviene in Asia. Qui, ogni anno gli aborti non sicuri sono responsabili delle morti materne per una percentuale che va dal 4.7% al 13.2%.

Su 48 Paesi, in Asia,  solo in 18 è legalmente possibile ricorrere ad un’interruzione di gravidanza senza dover fornire alcuna giustificazione, nella maggior parte dei casi con un limite entro le 12 settimane di gestazione. Per di più, anche dove l’aborto è legale, non sempre la legge è applicata in maniera tale da tutelare davvero il diritto di scegliere liberamente e in modo sicuro.

Cos’è cambiato negli ultimi anni?

Nelle Filippine vige una delle politiche più restrittive al mondo sull’interruzione di gravidanza, vietata dalla legge e considerata reato penale senza alcuna eccezione esplicita.

Nel 2016 il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite ha invitato il Governo filippino a prendere tutte le misure necessarie per ridurre gli aborti non sicuri e il tasso di mortalità materna, modificando la legge (tuttora) vigente, migliorando l’accesso ai metodi contraccettivi e rafforzando l’educazione sessuale e riproduttiva nelle scuole.

Nel 2019 la Sindh High Court del Pakistan ha emesso una sentenza nei confronti del Governo, chiedendo di attuare misure volte a garantire l’accesso alle cure per la fistola ostetrica, una lesione conseguente a parti complicati e non sostenuti da intervento medico.

La decisione della Corte suggerisce la creazione di centri appositi dedicati alla cura di tale lesione e il reclutamento di personale medico esperto in ginecologia qualificato per gli ospedali del Paese.

Nel 2021 il Nepal ha accettato di impegnarsi nella protezione dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e delle ragazze, decriminalizzando l’aborto entro le 12 settimane. Oltre tale periodo, è consentito soltanto in casi specifici.

Fino al 2017 l’interruzione di gravidanza non era riconosciuta come un diritto ed era consentita solo in alcune circostanze, ad esclusione delle quali l’aborto costituiva un reato punito dal Codice Penale.

Nel 2021 l’India ha approvato una riforma aumentando il numero di settimane entro cui è possibile richiedere un’interruzione di gravidanza a fronte di situazioni specifiche; ma, allo stesso tempo, ha fallito nel rimuovere le persistenti barriere di accesso ad un aborto sicuro.

In particolare, con la nuova riforma è indispensabile ottenere l’autorizzazione medica per tutte le cure e le decisioni legate all’aborto nelle prime fasi della gravidanza, mentre nelle fasi successive può essere necessaria l’approvazione di almeno tre specialisti medici.

Nel 2021 la Corea del Sud ha decriminalizzato l’aborto; tuttavia, c’è ancora molta strada da fare per garantire a donne, persone trans e non-binarie, la possibilità di essere tutelate nella loro scelta. La mancanza di una legge specifica dedicata a regolare le interruzioni di gravidanza rappresenta una barriera all’accesso ad un aborto sicuro.

Per di più, nonostante quest’ultimo non sia più punito, lo stigma verso l’aborto rimane molto diffuso; l’argomento viene tuttora affrontato raramente in pubblico ed è complicato trovare informazioni affidabili sul tema.

Nel 2021 il Parlamento tailandese ha votato per legalizzare l’aborto nel primo trimestre, prima punito con una pena fino a tre anni di carcere per chi sceglieva di sottoporvisi e fino a cinque anni per la persona che lo eseguiva.

Tuttavia, chi decide di interrompere una gravidanza dopo le 12 settimane, salvo condizioni eccezionali, può ancora essere arrestato o multato.

È stato dimostrato come le riforme legislative dedicate a tutelare la libertà di scelta delle donne, delle persone trans e non-binarie, nonché a garantire loro la possibilità di autodeterminarsi, possono ridurre il tasso di mortalità legato alla gravidanza e in generale migliorare la loro salute. I diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani!

Fonti: BMC Women’s Health, Center for Reproductive Rights, Global Abortion Policies Database, Médecins Sans Frontières, World Health Organization

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America

SETTIMANA IVG 2

Negli Stati Uniti l’aborto viene praticato dagli anni 60’, sia legalmente che non. Il dibattito sull’aborto negli USA è più acceso che mai nelle ultime settimane

Gli USA è uno dei paesi con i tassi più alti in merito alla mortalità materna, e con più leggi restrittive in materia di aborto: le nuove leggi contro l’aborto sono un pericolo per la salute delle persone: le categorie più colpite sono quelle con basso reddito, rifugiate, minori, migranti, donne afro americane, le comunità lgbtqi, le quali incontrato forti  ostacoli per la accesso ai servizi di salute riproduttiva.

Secondo il Guttmacher Institute, tra gennaio e maggio 2019 sono stati adottati circa 42 leggi restrittive in tema di aborto. 

Cosa succede oggi? 

Arkansas: a marzo 2021 l'Arkansas approva una legge che vieta l'interruzione di gravidanza "tranne che per salvare la vita della madre incinta in emergenza medica" e non fanno eccezione casi di stupro, incesto o anomalia al feto.

Arizona: a luglio 2021 il governatore dell’Arizona ha deciso di porre una stretta sull’aborto sicuro, firmando un provvedimento per cui sono vietate le interruzioni di gravidanza sulla base di anomalie genetiche (a meno che la condizione sia considerata letale per il feto), e punisce i medici che aiutano in questa pratica. La giustificazione per l’applicazione di questa norma si trova nella volontà di voler dare priorità alla protezione della vita umana reale, ma nonostante l’Arizona sia un paese pro-vita, sono state mosse critiche nei confronti di questa legge, vista come nemico di famiglie, donne, medici e persone disabili. 

Texas: a settembre 2021 è entrato in vigore il cosiddetto “Heartbeat Act”. Già Georgia, Ohio, Kentucky, Mississippi e Louisiana avevano approvato delle leggi che vietavano l’aborto dopo la sesta settimana di gestazione: questo rappresenta un grande problema, perché molte persone non sanno ancora di essere incinte entro sei settimane. Il Texas però ha reso la legge ancora più restrittiva, di fatto l'interruzione di gravidanza è vietata non appena viene rilevata un'attività cardiaca dell'embrione, prima ancora che esso sia feto, anche nei casi in cui la donna è stata vittima di violenza o incesto. Nessun’altra legge sull’aborto volontario fa riferimento, per stabilirne i limiti temporali, alla comparsa dell’attività cardiaca, troppo precoce e certamente poco significativa in termini di sviluppo embrionale.  Le eccezioni alla legge sono rappresentate solo dalle persone che rischiano la loro vita o danni irreparabili alla salute (nel caso in cui portino a termine la gravidanza).  Solo 6 degli Stati degli USA sono dotati di strutture mediche dove abortire (Kentucky, Mississippi, Missouri, Nord Dakota, Sud Dakota e West Virginia) : le donne che non hanno strutture mediche sanitarie dove poter abortire sono costrette a spostarsi in altri stati o a ricorrere a soluzioni ‘fai da te’ acquistando farmaci online: cosi molte donne dal Texas saranno costrette a spostarsi o a rischiare la propria vita con dei mezzi non convenzionali: questa legge avrà effetti sproporzionati nei confronti delle persone più povere. La legge, inoltre, attribuisce a qualsiasi cittadino privato, sia per concisioni morali o religione, il diritto di far causa a personale medico o  infermieristico che assiste gli aborti (per assurdo, anche il tassista che accompagna la persona incinta in clinica), con sanzioni economiche considerevoli. Questa legge toglie alle donne ogni libertà di scelta. 

In America Latina abortire è considerato un reato in 19 paesi e le donne che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza rischiano il carcere. Secondo l’OMS nei paesi in cui l’aborto è vietato solo 1 aborto su 4 avviene in maniera sicura, mentre  dove l’aborto è legale, in quasi 9 casi su 10  avviene in maniera sicura.

Nella maggioranza dei casi sudamericani una donna può abortire solo se un medico dimostra che la sua vita o quella del feto sono in pericolo, mentre in molti paesi del Centroamerica (Haiti, Honduras, Nicaragua, El Salvador) l’aborto è completamente illegale. 

Ci sono stati dei progressi?

Argentina, uno dei più grandi paesi dell’America latina ad aver legalizzato l’aborto dopo 15 anni di lotte. A gennaio 2021 è stata firmata la legge per la legalizzazione, depenalizzazione e il riconoscimento del diritto ad un aborto legale, sicuro e gratuito fino alle 12esima settimana di gestazione. Questa legge ha portato forti reazioni da parte dei movimenti femministi (ha dato forza alla cosiddetta ‘Marea Verde”, dal colore delle bandane usate dagli/le attiviste per sostenere il diritto) e governi conservatori (contrari, anche a causa delle pressioni della chiesa o governi di regione antiabortisti),  poiché l’America Latina è comunque uno dei paesi con più leggi restrittive sull’aborto nel mondo.

Dei passi in avanti si vedono anche in Cile, dove l’aborto è consentito solo in caso di stupro, rischio per la vita della donna e gravi malformazioni del feto. Però dopo gli scompigli dell’Argentina, nel paese è nata la Commissione per le Donne e per la Parità di Genere, con l’obiettivo di depenalizzare l’aborto volontario entro le 14 settimane di gestazione coinvolgendo anche i movimenti femministi del Paese.

Messico: a settembre 2021 è stata pronunciata una sentenza storica dalla corte suprema, che dichiara incostituzionale penalizzare le donne che abortiscono nella prima fase di gravidanza. Questa legge supera le norme restrittive che limitano l’aborto solo per casi di rischio al saluto, malformazione del feto e stupro. La legge rappresenta anche un cambiamento radicale in uno dei paesi più cattolici dell’America latina, che ora riconosce alla donna la libertà e il diritto di scegliere. 

In America Latina, al momento, l'IVG è legale in Uruguay, a Cuba, nella Guyana, a Città del Messico, nello stato messicano di Oaxaca e, appunto, in Argentina. La legalizzazione dell’aborto in argentiNA ha provocato reazioni da parte di tutto il continente.

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Africa

SETTIMANA IVG 3

L’Africa  presenta una legislazione molto restrittiva in fatto di aborti sicuri. Il tasso di aborti illegali è consistente: dal 2003 al 2008 si sono verificati 29 aborti ogni 1.000 donne in età fertile. Nel 2008 la quasi totalità degli aborti si è verificata in condizioni pericolose.

L’Africa orientale mostra il tasso più elevato con 38, aborti ogni 1.000 donne in età fertile, seguita dall’Africa centrale (36), l’Africa occidentale (28) il Nord Africa (18).

Diversa la situazione per il Sud Africa: le donne sono tutelate dalla South africa liberal abortional law 1997:infatti lì si registra un basso tasso di aborti. (15 ogni 1000 donne). Il Sud Africa, inoltre, è la regione dell’Africa con la percentuale più bassa di aborti non sicuri (58%) . Inoltre, il numero di decessi per aborto all’anno è diminuito del 91% a seguito della legalizzazione sull’aborto.

In Africa 1995 al 2003 la proporzione di aborti praticati è cresciuta dal 78 al 86% del totale degli aborti nel mondo. I casi di aborti sono sempre più crescenti e preoccupanti, soprattutto a causa di pratiche che avvengono in situazioni di pericolo o clandestine.  La probabilità di abortire per una donna che vive in regioni del mondo più povere resta leggermente più alta.

L’organizzazione mondiale della sanità e il Guttmacher Institute hanno stimato che nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014, sono stati praticati circa 25 milioni di aborti, classificati come “non sicuri”, pari al 45% di tutti gli interventi di interruzione della gravidanza. Sempre secondo L’OMS, circa 47mila donne l’anno perdono la vita a causa di aborti non sicuri. Mentre milioni di donne riportano danni gravi e permanenti alla propria salute. l numero di aborti insicuri aumentA in quei Paesi sono presenti limitazioni all’aborto legale, dove i costi per l’accesso all’intervento sono molto elevati, dove sono carenti servizi adeguati e medici preparati.

Nel 2016 è stata lanciata una campagna dalla Commissione africana sui diritti umani e dei popoli  per depenalizzare l’aborto, invitando tutti i governi  ad abrogare le sanzioni penali oppure a consentirlo per salvare la vita o la salute della donna in caso di stupro, incesto, violenza o in casi di gravi anomalie del feto. Questa campagna fornisce una piattaforma per stimolare le continue iniziative di sostegno per depenalizzare l’aborto in Africa.

Nazioni come l’Etiopia, Sud Africa e Tunisia hanno delle riforme legislative per allargare la possibilità alle donne di accedere a strutture per consentire un aborto sicuro: qui si riscontra una riduzione dei decessi e COMPLICAZIONI dovute ad operazione non sicure, poiché donne e ragazze (persone t- non binary) hanno potuto accedere ai servizi per aborti legali senza essere perseguitate né arrestate.

Angola, Egitto, Gabon, Guinea-Bissau, Madagascar, Senegal, sono solo alcuni dei Paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza non è consentita nemmeno nel caso in cui la vita della persona incinta sia in pericolo. 

Algeria, Eritrea, Gambia, Namibia, Seychelles, Sierra Leone, l'aborto è permesso anche in caso di stupro e malformazioni del feto  unitamente all’incesto, sono quelle che più spesso nel mondo giustificano e permettono l’interruzione volontaria di gravidanza anche quando è vietata dalla legge. 

Africa Subshariana:  il lockdown causato dalla pandemia e gli ostacoli continui per l’accesso alla giustizia, servizi medici e legali  hanno acuito i rischi di violenza di genere per donne e ragazze. Nelle situazioni di conflitto armato sono continuati gli episodi di stupro e altra violenza sessuale e di genere. L'Africa subsahariana ha la più alta percentuale stimata di aborti non sicuri nel mondo (77% nel 2010-2014, rispetto alla media globale del 44%), come documentato nel rapporto 2020 From Unsafe to Safe Abortion. 

Kenya: nel 2019 è stato sancita la chiusura di cliniche e strutture sanitario in cui si pratica aborto volontario, e somministrazione di contraccettivi a minori e adolescenti. Il Kenya presenta uno dei tassi più alti in materia di aborti illegali in Africa:  circa 6000 decessi annoio (il 17% deriva da complicazioni a seguito di aborti illegali). 

In Sud Africa secondo l’OMS l aborto.è stato legale per quasi 20 anni, con il “The Choice on Termination of Pregnancy Act” del 1996, con cui si dava la possibilità di abortire su richiesta fino alla 12 esima settimana o fino alle 20esmina in particolari casi.  Si stima che i decessi e gli infortuni legati all'aborto si siano ridotti di oltre il 90%. Molte persone, specialmente quelle appartenenti alle comunità più povere ed emarginate, stanno ancora lottando per accedere a servizi di aborto sicuri. In Sud Africa gli episodi di violenza sessuale e di genere coninuano ad aumentare a un ritmo quasi cinque volte superiore alla media registrata a livello globale. Anche il Covid-19 ha avuto un effetto devastante sull’accesso ai diritti e alla salute sessuale e riproduttiva delle donne, a causa dell’interruzione dei servizi di assistenza medica materna. 

Nigeria: l’aborto è illegale, tranne nei casi in cui è a rischio la vita della donna. Ciò significa che le sopravvissute non hanno accesso legale all’aborto sicuro.  Mentre l'aborto è consentito solo per salvare la vita di una donna in Nigeria, le persone negli altri casi  ricorrono all’uso del misoprostolo. Secondo una ricerca condotta dal Guttmacher Institute, 394 donne nel 2018 in Nigeria hanno indotto l'aborto usando misoprostolo ottenuto da un venditore di droga.

Tanzania: ¼ delle morti materne è causato dall’aborto non sicuro.​

Angola: a febbraio del 2021 il parlamento ha approvato un emendamento sull’aborto. Il governo aveva proposto un disegno di legge che avrebbe criminalizzato l'aborto, tranne nei casi di stupro, o quando la salute della madre fosse in pericolo. Ma il parlamento ha respinto questa proposta, rendendo illegale l'aborto, senza eccezioni.

Ghana: L’aborto è legalmente consentito soli in casi di stupro, contaminazione o incesto. L'aborto dovrebbe essere condotto solo in un ospedale governativo o uno privato registrato. E' illegale indurre l'aborto, così come lo è l'utilizzo o la fornitura di sostanze esterne per attuare lo scopo

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Oceania

IG SETTIMANA IVG 3

NUOVA ZELANDA

Nel marzo del 2020 è stata approvato un disegno di legge (Abortion Legislation Act 2020) che depenalizza l’aborto e permette di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza entro le prime 20 settimane di gestazione. Dopo questo termine è comunque possibile, previa valutazione e autorizzazione da parte dell’autorità sanitaria.

Il governo della prima ministra Jacinda Ardern ha messo fine a più di 40 anni di lotte, durante i quali l’aborto era l’unica procedura medica riconosciuta come reato e punibile con il carcere.

Prima del 2020, infatti, le donne, le persone T e quelle non-binarie non erano libere di decidere sui propri corpi e sulle proprie vite: l’interruzione volontaria di gravidanza era consentita soltanto in alcune specifiche circostanze (in caso di incesto, anormalità del feto, gravi rischi per salute della madre) e l’iter previsto ostacolava l’accesso alla prestazione sanitaria.

Nel marzo del 2021 è stato esteso il congedo parentale della durata di 3 giorni ai genitori che hanno vissuto l’esperienza di un aborto spontaneo in qualsiasi momento della gravidanza o la perdita del/lla proprio/a figlio/a prima, durante o dopo il parto. Il congedo non è fruibile in caso di interruzione volontaria di gravidanza.

AUSTRALIA

In Australia l’interruzione volontaria di gravidanza è legale in determinate circostanze e se effettuata da un/a medico/a abilitato/a. I limiti imposti dalla legge variano all’interno del Paese perché ogni giurisdizione ha una propria legislazione in materia.

New South Wales: nell’ottobre 2019 anche in questo Stato viene finalmente decriminalizzato l’aborto, dopo in più di un secolo in cui la legge prevedeva questa possibilità soltanto in ristrette circostanze e condizioni.

Oggi, grazie all’Abortion Law Reform Act 2019, l’interruzione di gravidanza è consentita entro le prime 22 settimane di gestazione e, dopo questo termine, previa approvazione di due medici/he.

Queensland: nell’ottobre 2018 è stata approvata la legge che depenalizza l’aborto. Il Termination of Pregnancy Bill 2018 liberalizza l’interruzione volontaria di gravidanza entro le prime 22 settimane di gestazione e stabilisce che, dopo questo termine, deve essere autorizzato da due medici/he.

Northern Territory: dal 2017 (Termination of Pregnancy Law Reform Act 2017) è consentito interrompere una gravidanza entro le prime 14 settimane di gestazione con l’accordo di un/a medico/, tra la 14esima e la 23esima settimana con l’approvazione di due medici/he. Dopo questo termine, l’interruzione di gravidanza può essere effettuata solo se la vita della gestante è in pericolo.  

Tasmania: nel 2013 [Reproductive Health (Access to Terminations) Bill 2013] è stato decriminalizzato l’aborto. In questo territorio l’interruzione volontaria di gravidanza è legale entro le prime 16 settimane di gestazione e, dopo questo termine, previa approvazione di due medici/he.

Victoria: dal 2008 (Abortion Law Reform Act 2008) l’interruzione volontaria di gravidanza è legale se effettuata entro le prime 24 settimane di gestazione e, dopo questo termine, previo accordo di due medici/he.

Australian Capital Territory: dal 2002 l’interruzione volontaria di gravidanza è legale (senza limiti nelle settimane di gestazione) e deve essere effettuata da personale sanitario abilitato all’interno di strutture accreditate

Western Australia: dal 1998 [Acts Amendment (Abortion) Act 1998] l’interruzione di gravidanza è legale entro le prime 20 settimane di gestazione. Successivamente, la procedura deve essere giustificata da una grave condizione medica (certificata da due medici/he) del/lla nascituro/a o della madre.

South Australia: il Criminal Law Consolidation Act 1935 disciplina l’accesso all’aborto legale: entro le prime 28 settimane di gestazione se due medici/he rilevano che la gravidanza mette a rischio la vita o salute della madre oppure che il feto presenta serie anomalie. Dopo questo termine, la procedura può essere svolta per salvare la vita alla gestante.

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Italia

SETTIMANA IVG 5

Durante il 2018 in Italia ci sono state 76.328 interruzioni volontarie di gravidanza (Come riportato nella Relazione del 2020 del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194/78 https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2924_allegato.pdf).

Circa un terzo degli interventi ha riguardato donne straniere (30,3%). A queste, si deve aggiungere un numero, impossibile da calcolare con precisione, di aborti clandestini: tra i 12.000 e i 15.000 per le donne italiane, tra i 3.000 e i 5.000 per le donne straniere, secondo l’ultima stima dell’Istituto Superiore di Sanità. Questi si verificano perché in Italia, anche se vi è una legge che dovrebbe garantirlo, il diritto ad un aborto libero e sicuro non è sufficientemente tutelato. 

La legge 194 del 1978 riconosce formalmente il diritto all’aborto a tutte le donne entro 90 giorni dal concepimento, qualora vi sia “un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” (art. 4), e dopo i 90 giorni nel caso si presentino complicazioni e patologie che mettono a grave rischio la sua salute o quella del feto.

La stessa legge prevede, però, anche il diritto all’obiezione di coscienza. Con tale pratica, medici/che e personale sanitario possono decidere di non eseguire la procedura abortiva, in quanto contrastante con le proprie credenze etiche. In Italia, la maggior parte dei/delle ginecologi/ghe usufruiscono di questo diritto: questa scelta ostacola l’applicazione concreta del diritto all’aborto in Italia, soprattutto in alcune regioni.

Nel 2018, la percentuale nazionale di ginecologi/ghe obiettori di coscienza risulta del 69%, mentre quella degli anestesisti è del 46,3%. In entrambi i casi, si riscontra un aumento rispetto all’anno precedente. 

I parametri concordati dal Ministero della Salute con le singole regioni per garantire un’adeguata applicazione della legge e individuare specifiche criticità sono i seguenti: offerta del servizio IVG in relazione al numero assoluto di strutture disponibili; offerta del servizio IVG in relazione alla popolazione femminile in età fertile e ai punti nascita; offerta del servizio IVG, tenuto conto del diritto di obiezione di coscienza degli operatori, in relazione al numero medio settimanale di IVG effettuate da ogni ginecologo/a non obiettore/trice. 

Secondo il primo parametro, il numero totale delle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia a livello nazionale, nel 2018, risulta pari a 558 (erano 591 nel 2017), mentre il numero di quelle che effettuano le IVG risulta pari a 362, cioè il 64,9% del totale. In due casi (P.A. Bolzano e Campania) si rileva un numero di punti IVG inferiore al 30% delle strutture. In 9 Regioni la percentuale di punti IVG risulta superiore al 70%. Nelle restanti Regioni e P.A. il valore medio dell’indicatore è pari al 58%. 

Degli aborti del 2018, 8.182 (10,8%) sono avvenuti con metodo di raschiamento; 12.564 (16,6%) per interosuzione; 35.679 (47%) tramite metodo Karman; 1.565 (2,1%) con mifepristone (RU486); 15.750 (20,8) con mifepristone + prostaglandine; 1.017 (1,3%) prostaglandine. 

La bassa percentuale dell’aborto farmacologico in Italia è dovuta principalmente alle linee guida in vigore fino allo scorso anno, che rendevano difficile per le donne l’accesso all’aborto farmacologico. 

Dal 12 agosto 2020 il ministero della Salute ha disposto nuove linee guida per l’utilizzo della pillola abortiva. Prima, l’aborto farmacologico poteva essere effettuato in Italia solo fino a 7 settimane di gestazione ed era prevista un’ospedalizzazione obbligatoria di tre giorni. Attualmente l’aborto farmacologico in Italia può essere effettuato fino a 63 giorni (9 settimane), in day hospital, e anche in strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate e consultori. 

Se confrontiamo il dato italiano dell’aborto farmacologico con quello di altri paesi europei, risulta chiaro che in Italia la percentuale di IVG con metodo farmacologico è decisamente bassa (https://www.ilpost.it/2021/03/29/italia-prevale-aborto-chirurgico/).

L’Italia, inoltre, non presenta dati sufficienti riguardo aborti clandestini, né sul numero di obiettori tra farmacisti/e e medici/che. 

Infatti a Marzo 2020, il Comitato Europeo dei diritti Sociali (CEDS) del Consiglio d’Europa, ha raccomandato l’Italia nelle “Conclusioni 2020” riguardo le disposizioni della Carta Sociale Europea relative all'impiego di questa, alla formazione e alle pari opportunità .

Il Comitato ha riscontrato diverse violazioni degli articoli della Carta, inerenti il libero accesso per le donne, così come per le persone T e non binarie, alle strutture per l’aborto legale.

Inoltre ha constatato la presenza di forti discriminazioni in base al territorio o regione di residenza, allo status socio economico delle donne, e una discriminazioni in base allo stato di salute delle donne che cercano un accesso più libero all’aborto legale. 

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