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Sex Work: la legge Merlin e l’attivismo dellə Sex Worker

Durante la prima ondata di femminismo le donne borghesi hanno iniziato ad interessarsi al destino delle prostitute offrendo forme di sostegno e di solidarietà. Nel femminismo contemporaneo (quarta ondata) il tema del sex work si sviluppa su due principali posizioni: l’abolizionismo (ispirazione del femminismo radicale) e femminismo pro sex-work (ispirato dai movimenti dei diritti delle sex worker, più vicini al femminismo liberale). Per i movimenti abolizionisti il sex work andrebbe impedito criminalizzando i clienti poiché la prostituzione è una forma di violenza maschile ed eteronormativa contro le donne. Per  i movimenti pro-sex work invece è importante battersi per la sindacalizzazione, la riduzione del danno, l’educazione sessuale nelle scuole, oltre a combattere contro la libertà delle donne e gli stigma sessuali che subiscono quotidianamente. 

Il tema del sex work affronta un lungo dibattito da parecchi secoli. In Italia la regolamentazione classica con l’istituzione delle case chiuse viene adottata a partire dall’Unità d’Italia adeguandosi al panorama europeo. Le case chiuse non erano “semplici” bordelli, ma bordelli a diretto controllo statale, la cui gestione veniva affidata dalle istituzioni statali. Tuttavia, questo controllo statale fu dominato dallo sfruttamento e dalla continua violazione dei diritti delle donne fino alla chiusura delle case chiuse. Il sistema monopolistico che caratterizzava questi bordelli comportava un notevole controllo sul corpo e sulla sessualità delle donne. Infatti era sufficiente essere sospettata di star esercitando la professione al di fuori delle case chiuse per subire l’intervento della buoncostume (speciali corpi di polizia). Il sospetto, talvolta, si basava sulla semplice presenza di una donna in strada non accompagnata da un parente di sesso maschile. Da questo semplice sospetto la buoncostume poteva eseguire un’ispezione vaginale (che oggi chiameremmo stupro) ed un eventuale ricovero in ospedali per prostitute. In altri casi veniva schedata come prostituta ed era costretta a farsi assumere in una casa chiusa poiché, a causa dell’enorme stigmatizzazione che la schedatura comportava, non avrebbe mai potuto mantenersi da sola con un altro lavoro, né sposarsi. Inoltre, all’interno delle case chiuse le prostitute vivevano in uno stato di schiavitù. Sebbene ricevessero un salario per il lavoro svolto, la totale mancanza di libertà di movimento, di avere una vita privata, il fatto di vivere all’interno del proprio luogo di lavoro e che colui che le aveva assunte avesse un potere quasi illimitato su di loro, rende a tutti gli effetti l’esperienza delle case chiuse come un’esperienza di schiavitù e di discriminazione nei confronti delle donne.

La legge della senatrice Merlin non fu una legge facile da far digerire alla popolazione maschile, infatti per gli uomini frequentare i bordelli era parte della propria identità, una performance di maschilità italiana. Ci vollero dieci anni (dal 1948 al 1958) infatti per realizzare la legge abolizionista in vigore attualmente, in questo periodo la senatrice Merlin dovette affrontare anche molti suoi compagni di partito (partito socialista italiano). Le ragioni che convinsero Lina Merlin a iniziare una battaglia contro le case chiuse vennero consolidate e arricchite da un enorme quantità di lettere scritte da donne che lavoravano nelle case chiuse.   

Veniamo ora ad esaminare la legge Merlin in modo più dettagliato. 

Il 20 febbraio 1958 la Legge Merlin venne approvata, questa legge prevede la chiusura immediata di tutte le case chiuse e l’eliminazione dei registri di schedatura delle donne che vi lavoravano, insomma lo Stato non avrebbe più gestito il mercato del sesso. La Legge si spinge oltre, rispetto alle leggi abolizioniste dell’epoca, vietando anche ai privati di esercitare qualunque forma di controllo, organizzazione e gestione della prostituzione altrui e dei corpi delle sex worker, introducendo il reato di sfruttamento della prostituzione.  Inoltre, questa Legge prevede altri due reati: quello di favoreggiamento e quello di induzione della prostituzione. Per l’epoca la Legge Merlin rappresenta un esempio di legge abolizionista fra i più virtuosi, poiché non colpevolizza le sex worker né i clienti che le frequentano. 

Tuttavia, non è esente da criticità. Pia Covre, sex worker, nel suo percorso di attivismo per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso ha fatto emergere buona parte delle problematiche che questa legge si porta dietro. Una delle più rilevanti è la considerazione della sex worker come una vittima che, da un lato non viene perseguita per le sue azioni (la vendita di servizi sessuali), ma dall’altro viene infantilizzata e privata della propria soggettività giuridica (quindi) considerata come impossibilitata a prendere decisioni per se stessa. Inoltre, una delle principali caratteristiche delle leggi abolizioniste è l’invalidità del contratto fra sex worker e clienti. Questo comporta un rischio maggiore per le sex worker che possono essere aggredite, violentate o derubate e subire - in fase di indagine - diverse forme di violenza psicologica: vittimizzazione secondaria, victim blaming (colpevolizzazione della vittima), slut shaming (stigma della puttana, umiliazione e mortificazione su base sessuale). Inoltre, il reato di  favoreggiamento della prostituzione impedisce alle/ai sex worker di creare reti sociali fra di loro, anche dare dei consigli su come affrontare il lavoro (magari da una sex worker esperta ad una inesperta) può essere interpretato come una forma di favoreggiamento. È per questo che le leggi abolizioniste sono considerate dai movimenti pro-sex worker come un ennesimo strumento legislativo che mira a controllare e reprimere le donne, i loro corpi e la loro libertà sessuale. 

Nel 1982 Pia Covre e la sua collega Carla Corso facevano le sex worker nella zona di Pordenone e decisero di reagire agli abusi che subivano dai militari americani della base di Aviano e si unirono in un comitato per i diritti delle sex worker esponendo un documento redatto da loro dal titolo: “Le prostitute rivendicano il loro diritto all’esistenza” , fondando il Comitato per i diritti civili delle prostitute (https://it.wikipedia.org/wiki/Pia_Covre ). In alcuni paesi(come ad esempio la Nuova Zelanda) è emerso un modello neo-regolamentarista, realizzato tenendo conto dell’opinione  delle/dei sex worker, rendendole delle partecipanti attive nelle norme in cui sono coinvolte/i. In Italia, sebbene ci siano state numerose mobilitazioni dal basso ancora oggi le sex worker non vengono considerate nella proposta di nuove leggi sulla materia. Auspichiamo il loro coinvolgimento nel prossimo futuro e invitiamo a prestare loro ascolto, così come è stato fatto molti anni fa per la stesura della legge Merlin, che allo stato attuale necessita certamente un adeguamento al presente.  

Abbiamo visto come le donne hanno lottato e stanno lottando per migliorare le loro condizioni. La pressione da parte delle sex worker nel caso della legge Merlin è stata fondamentale per portare ad un loro liberazione. Abbiamo visto come ognuna può lottare a seconda delle proprie possibilità, prima della legge Merlin le lavoratrici delle case chiuse avevano pesanti limitazioni di movimento a causa della loro condizione di schiavitù. Tramite le lettere sono riuscite ad ottenere i risultati sperati, cioè chiudere quei luoghi di schiavitù e riottenere la libertà con la cancellazione delle schedature. È opportuno ricordare, che le donne schedate come prostitute che esercitavano il mestiere al di fuori delle case chiuse fossero interdette dai diritti politici. Nel 1946, mentre le altre donne italiane ottennero finalmente pieni diritti politici, le sex worker ne venivano escluse. 

Oltre alla legge Merlin, anche la lotta dei movimenti pro sex work ha vitale importanza, garantire diritti sindacali a coloro che si prostituiscono deve essere una priorità. In alcuni paesi (come la Nuova Zelanda) la lotta dei movimenti pro sex work ha comportato notevoli cambiamenti e miglioramenti sulle condizioni di vita di coloro che lavorano nel mercato del sesso. Ciò che oggi è più attuale che mai ed è propria di un femminismo intersezionale è la lotta contro la stigmatizzazione dei/delle sex work. Recentemente è nata l’associazione Swipe che ha lo scopo di promuovere la collaborazione fra sex worker e la divulgazione dei diritti dei/delle sex worker.